Quando salvi una vita

Storie e Notizie N. 2088

Quando salvi una vita è un bel modo di concludere la giornata.
Chissà quante volte se lo sarà ripetuto Jayme Erickson, che vive in Canada e di lavoro fa il paramedico.
In generale, il senso del mestiere è quello.
Come i supereroi, alla stregua dei vigili del fuoco, tipo Batman per capirci.
Gli eroi quotidiani, semplicemente per professione, vivono in attesa della chiamata, ma tu leggi pure come l’immagine del pipistrello nel cielo inviata dall’amico commissario Gordon. Solo che per le donne come Jayme e tutti gli intrepidi soccorritori a cavallo di un’ambulanza la richiesta d’aiuto può arrivare in ogni istante, e non solo di notte, per giunta protetti da un costume impenetrabile e infondendo paura nei criminali, instillata anche solo dal nome.
Il paramedico non può e non deve far distinzione tra onesti e delinquenti. Non ne può fare alcuna e quando è il momento di prendersi cura di uno sconosciuto, perché di questo si tratta di norma, ci si mette al lavoro e si cerca di fare del proprio meglio.
Perché questo c’è scritto nel contratto o anche solo nel cuore, tranne gli imprevisti e la protagonista di questa vicenda l’ha scoperto a caro prezzo.
È martedì 15 novembre quando giunge un messaggio via radio: c’è stato un’incidente. Su un tratto ghiacciato dell’autostrada dell’Alberta un auto con due ragazze adolescenti si è scontrata con un camion. È richiesta la massima urgenza.
Jayme e i colleghi non perdono un secondo e mettono in moto il mezzo prima di precipitarsi sul luogo dell’incidente.
Una volta giunti sul posto, i paramedici si rendono conto che è il mezzo delle due giovani ad aver avuto la peggio. Fortunatamente per lei, la ragazza al volante è riuscita a trarsi in salvo, ma l’altra è incastrata nel veicolo.
Jayme si impegna con tutta se stessa e dopo mezz’ora riesce a liberarla per prestarle le prime cure. Le sue condizioni sono davvero disperate e il sangue e le ferite rendono difficile ogni tipo di comunicazione.
Quando salvi una vita è la maniera preferibile di concludere un turno, ma la nostra sa perfettamente che non tutto dipende da lei. Altrimenti, sarebbe davvero un supereroe come quelli del cinema, ovvero quelli finti.
Jayme rimane sino all’ultimo accanto alla ragazzina, che ha solo 17 anni, quando quest'ultima viene trasportata su un aereo che a sua volta la trasferirà all’ospedale più vicino a Calgary. Quindi la nostra si appresta a staccare per far ritorno a casa. Non è di buon umore. Non ha la bacchetta magica, ma sa riconoscere quando qualcuno probabilmente non ce la farà.
Ciò malgrado, che si salvi qualcuno o meno, il significato e l’importanza del lavoro non cambia e rincasare è ogni volta il premio migliore dopo una giornata intensa e stancante.
Tuttavia, il peggio non è affatto alle spalle, purtroppo.
Ad attenderla sotto casa ci sono degli agenti di polizia. Jayme scende dell’auto e si avvicina a loro con il cuore che inizia a tambureggiare impazzito.
Ciò che i poliziotti le comunicano è probabilmente la notizia maggiormente devastante che una persona, una madre, possa ricevere.
Sua figlia, la quale si chiama Montana, è proprio l’adolescente che qualche ora prima ha estratto dalle lamiere dell’auto e a cui ha fatto compagnia finché ha potuto. Non era stata in grado di riconoscerla a causa delle terribili conseguenze dell’impatto.
La ragazzina è appena deceduta a causa delle ferite, la informano i poliziotti, e le è stato tolto il supporto vitale.
Non si può augurare neanche al peggior nemico cosa dovrà ora affrontare Jayme.
Ma anche in una vicenda così triste vi è un dettaglio lieto, se così possiamo chiamarlo.
Montana era una ragazza forte, con un fisico atletico e una nuotatrice esperta, ha raccontato Jayme. Così, ha spiegato quest’ultima, prima di esalare l’ultimo respiro è riuscita a fare a un ultimo regalo donando degli organi che hanno permesso a delle persone di sopravvivere. In altre parole, degli sconosciuti. E allora, in qualche modo, questa storia riesce miracolosamente a finire com’era iniziata, trovando l’unico senso possibile del nostro comune cammino sulla terra.
Perché quando salvi una vita al termine del viaggio, di chiunque si tratti, è l’unico finale per cui vale la pena esserci stati sin dall’inizio.

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