Notizie a cui ci siamo abituati
Storie e Notizie N. 2114
Ho la netta impressione, la quale diventa sempre più evidente con gli anni, che ci siano notizie dinanzi alle quali prima o poi finiamo per restare indifferenti e non credo sia un buon segno.
Non so se sia solo nostra la responsabilità, ovvero del modo con il quale accogliamo e assorbiamo ogni informazione, del ritmo, o meglio la frenesia, con cui viaggiamo dal risveglio sino a fine giornata, o anche di una miriade di altri fattori legati ai più svariati contesti sociali nei quali trascorriamo la maggior parte del tempo.
Forse dipende anche da come le vicende che raggiungono le prime pagine vengono comunicate, raccontate e approfondite.
Nondimeno, mi basta sfogliare le principali notizie di questi giorni per convincermi ancora una volta che la maggior parte di esse negli occhi dei più è come se non facessero più notizia, perdonate il gioco di parole.
Ci siamo abituati, tutto qui.
Malgrado quella del terremoto in Turchia – e sottolineo anche in Siria - sia una tragedia recente, giorno dopo giorno, ci siamo assuefatti ai corpi estratti dalle macerie come alle storie di chi non ce l’ha fatta. Perché è già accaduto con i terremoti precedenti, o anche le alluvioni e ogni altra catastrofe naturale.
Allo stesso modo, diamo ormai per scontato il quotidiano bollettino sulla guerra in Ucraina, un po’ come facevamo con il conteggio dei contagiati e dei decessi dovuti al Covid. Anzi, pure di meno, perché in quest’ultimo caso ci sentivamo toccati personalmente.
Sembra non dirci nulla di nuovo il consueto battibecco tra USA e Cina, la quale – nonostante le apparenze – ha sostituito la Russia nel ruolo del "cattivo", come nei film al cinema.
Risultano non meno scontati i disastri ambientali, come quello del treno in Ohio, che invece dovrebbero allarmarci più di ogni altra cosa. Più o meno alla stregua delle terrificanti previsioni sugli scenari futuri, vedi l’innalzamento dei mari.
Molti di noi le vedono come qualcosa che non li riguarda personalmente per ragioni anagrafiche, ma poi chiediamoci perché mai i ragazzi di oggi siano così tanto depressi o arrabbiati, delle due l’una.
In ogni caso, anche le sparatorie negli USA delle pistole facili e dei fucili d’assalto ma per difesa non fanno più scalpore.
Neppure leggere di ulteriori conferme di quanto le elezioni in ogni parte del mondo siano sistematicamente compromesse dall’azione degli hacker.
Inutile dire quanto ormai sia notizia trascurabile quella che vede morire le genti migranti, perfino qualora accada sulla terraferma invece che in mare, o qualunque cosa succeda di atroce, ingiusto o semplicemente sbagliato tra Israele e Palestina, si legga pure come la tragedia alla quale siamo maggiormente avvezzi.
Inoltre, limitandoci alle cose di casa nostra, anzi cosa, diventano quasi invisibili gli articoli che parlano di mafia, dello spaccio di droga, della violenza sulle donne tranne nel giorno dedicato a queste ultime, e dell’ennesima morte sul lavoro, a meno che non siamo vicini al primo maggio.
Altrettanto non dovrebbe suscitare stupore l’inesorabile crollo delle vendite che stanno affrontando le versioni cartacee dei quotidiani nostrani, molti dei quali si reggono in piedi soltanto grazie alle varie forme di sovvenzione.
Così come tutto ciò potrebbe aiutarci, non dico a giustificare, ma perlomeno a capire i motivi per i quali le versioni online degli stessi sono ormai stracolme di notizie che notizie non sono, ma semplicemente titoli, immagini e video acchiappa click, a prescindere da dove quest’ultimo conduca.
Quello che mi domando e che dovrebbe preoccuparci assai di più è: a cos’altro ci stiamo abituando insieme a tali notizie? In altre parole, quanto di ciò che resta di umano viene trascurato, maltrattato e infine atrofizzato in quei monitor e, allo stesso tempo, dentro di noi?
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