Storie di bambini: la danza di Farrukhzad

Storie e Notizie N. 924

Aggiornamento: questo racconto è contenuto nel libro Roba da bambini, (Tempesta Editore - 2014)

Ahi loro, nulla di nuovo in Afghanistan.
Una mina celata lungo il ciglio di una via esplode al passaggio di un camion e 10 persone perdono la vita.
10 persone, di cui 3 bambini.
Fin qui i fatti.
Da qui in poi la storia…

E se vi dicessi che sul camion erano in undici?
Sì, so bene che sui giornali questa notizia non c’è, tuttavia, credo ormai sia chiaro che il sottoscritto non è un giornalista e questo è tutto tranne un giornale.
Ecco perché mi sento in diritto, laddove non sia possibile leggerla, di raccontarvi la storia di

Farrukhzad.
Farrukhzad, il cui nome vuol dire felice.
Già, felice, e lei felice lo è davvero.
Nonostante la guerra, nonostante tutto, il che vale molto di più, non credete?
Perché se sei felice nonostante tutto vuol dire che sei immortale, qualunque cosa accada, altro che anima eterna.
Niente può abbatterti o rattristarti.
In tempo di guerra, figuriamoci in tempo di pace, che noi altri conosciamo molto meglio di lei, di tutte le Farrukhzad di questo mondo.
Come la nostra, l’undicesima persona sul camion e la quarta bambina, ovvero او رقص, tradotto dal persiano lei che balla.
Questo è il soprannome che si è guadagnato la ragazzina nel suo piccolo villaggio poco fuori Kandahār.
Lei che balla, lei che qualunque cosa accada danzerà, con tutto quel che la rende viva, ad ogni costo.
Con la musica nelle orecchie o senza.
Perché la vera musica è dentro, ha detto un giorno nonna Arghavan a sua madre, preoccupata dalla quantità di tempo che la bimba trascorreva ballando.
In casa, per strada, sulle colline.
Perfino sul camion, quel maledetto giorno.
Un giorno come tanti, troppi, allorché la ruota anteriore destra del mezzo si abbracciò con il più ineluttabile dei destini, per i più la morte.
In dieci hanno concluso il proprio viaggio, a causa di quel perverso amplesso.
Nondimeno, qui, solo per noi, su questa ingenua pagina, la bambina chiamata Farrukhzad non è morta affatto.
Perché il suo nome significa felice? Forse, potrebbe essere.
Ma non la direbbe tutta.
Farrukhzad è viva perché lei balla.
Le mine di questo mondo possono toglierle un braccio, due e ballerà ancora.
Una gamba e l’altra, anche con la stessa esplosione.
E lei ballerà.
Qui, per noi, e se non volete, anche solo per me.
Perché io la amo per ciò che mi dona danzando.
Perché mi ricorda che per quanti bambini possano morire per colpa della nostra idiozia, ce ne sono altrettanti che vivono e sopravvivono con il sorriso sulle labbra.
Nonostante tutto, nonostante noi.
Loro che ballano, come Farrukhzad.
Con la musica dentro.

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