Come parlare dei cambiamenti climatici alla gente
Storie e Notizie N. 2084
Guarda e ascolta tramite podcast su Youtube
Ascolta tramite podcast su Spotify
Ogni tanto mi viene da riflettere sul fatto che uno dei limiti di questo mondo sempre più polarizzato è che spesso finiamo per comunicare soltanto con coloro che la pensano già come noi. E non va affatto bene, ma non perché sia necessario convincere il prossimo, bensì perlomeno dialogare con tutti, essenzialmente considerando ciò che è in gioco e soprattutto il fatto che una delle tare delle nazioni maggiormente industrializzate e moderne è la mancanza di consapevolezza di quanto ogni giorno di più – di recente abbiamo superato gli 8 miliardi – siamo collegati tra noi, mentre dalle singole scelte di ciascuno dipende il destino di tutti.
Per tale ragione, mettiamo che io sia il cittadino occidentale medio.
Okay, difficilmente potrei risultare credibile con siffatto cognome, per non parlare di origini complicate e carnagione ambigua, ma ho studiato teatro e questa è una pagina bianca, o tale era sino a un secondo fa, perciò posso dar libero spazio all’immaginazione.
Quindi, mi chiamo Mario Rossi, nome e cognome abbastanza comuni, e sono il classico cittadino occidentale medio.
Ho un’età altrettanto media, diciamo tra i trentacinque e i cinquanta, va’, così mi tolgo qualcosa. Svolgo una professione comune e mediamente remunerata. Diciamo che ho una compagna e un figlio o figlia, è indifferente in codesto esercizio o simulazione, fate voi.
Possediamo un auto e una casa, dei quali stiamo ancora ultimando il pagamento tramite odiose rate mensili.
Come passo il mio tempo? Alla stregua della mia compagna, lavoro otto ore al giorno e il sabato e la domenica li trascorro in famiglia. Nostro figlio va ancora a scuola, diciamo che fa le medie e spesso nel weekend gioca a calcio. Quindi mi tocca accompagnarlo alle partite, ma è un piacere vederlo, anche perché il pallone mi piace.
Oppure, potrei essere disoccupato, no? E i debiti sul collo potrebbero essere pure di più. Magari divorziato, o senza figli, con due, anche tre, ma se andassimo a migliorare repentinamente la nostra situazione economica ecco che non sarei più definibile un cittadino medio, ma solo occidentale.
Quindi resterei nel disegno iniziale.
Ora, non conta affatto a mio modesto parere cosa ho votato, siamo d'accordo? Sono convinto che le azioni concrete e quotidiane che definiscono la mia sfera di influenza nella società non dipendano affatto dalla crocetta che ho messo sulla scheda o dalle mie dichiarazioni di appartenenza nelle serate in cui l’argomento politica salta fuori, come se quest’ultima riguardasse solo il voto, tra l’altro.
Ciò che conta è quello che faccio, giusto? Lo sappiamo tutti, si definisce tra le altre cose con quello che compro, dove lavoro, ciò che consumo o quanto, quello che butto e come, quello che insegno altrettanto a mio figlio, con parole e soprattutto azioni, eccetera.
Adesso prendiamo un argomento a caso, uno di quelli che ho affrontato di recente, che è attuale ancora oggi e lo sarà pure domani.
Mi riferisco alla responsabilità che hanno i Paesi a queste latitudini nei confronti di quelli che nel mondo subiscono e pagano le conseguenze della nostra noncuranza verso i temi ambientali e legati al cambiamento climatico. Solo oggi leggo che le recenti inondazioni in Nigeria sono state tra le più mortali mai registrate nella regione. Centinaia di persone sono state uccise, 1,5 milioni sono state sfollate e più di 500.000 ettari di terreni agricoli sono stati danneggiati. Ma l’aspetto che conta e ci riguarda è che secondo un autorevole studio per colpa dei suddetti stravolgimenti del clima, dovuti a un aumento di CO2 nell’atmosfera del quale siamo tra i principali responsabili, le suddette inondazioni sono state non una, non due, bensì 80 volte più probabili.
Ecco. Prendiamo questa informazione in particolare. Io sono Mario Rossi e di fronte a essa posso reagire in vari modi, secondo copione, ovvero il mio personaggio.
Primo, ne prendo atto e consapevolezza, traducendo il tutto in azioni e comportamenti che – perlomeno nel mio piccolo – possono permettermi di dare il mio contributo affinché il processo sia perlomeno rallentato, se non invertito. È una goccia nell’oceano ma a mio modesto parere fa la differenza. Questo in un mondo ideale, giacché da qui in poi, le alternative sono molteplici e tutte frustranti e deludenti.
Difatti, nel secondo caso rifiuto a priori l’attendibilità dello studio e passo ad altro, ovvero ciò che mi interessa personalmente, come se la sopra citata questione non mi riguardi ed è questa – ripeto – la natura più assurda di questa situazione.
Terzo, pur accettando la validità del rapporto, metto in discussione in seconda battuta la correlazione tra i “fantomatici” cambiamenti climatici e il “presunto” riscaldamento globale, che un esperto influencer con un sacco di followers ha chiarito proprio ieri su un video che mi hanno girato tramite Whatsapp.
Quarto, non dubito del rapporto e neppure dell’Antropocene, guarda un po’, ma moriremo tutti comunque, è inutile, lasciatemi vivere in pace il tempo che mi resta. Poiché tanto, come ho letto in un racconto di un autore che amo, da un certo punto di vista per molti la fine del mondo è quando sono loro a morire. Certo, mi si potrebbe far notare che ho un figlio che mi sopravviverà, ma sono convinto che la diffusa incapacità o ritrosia a preoccuparsi del tempo che non ci riguarderà direttamente sia talmente grave dal comprendere anche le vite dei nostri discendenti.
Quinto, dichiaro che per me hanno ragione ed è tutto giusto, aggiungo che ho pure votato per i Verdi – almeno per darmi un contegno -, e concludo dicendo che dovrebbero far qualcosa i governi, ma se ne fregano, è tutto un magna magna, e altre amenità. Nondimeno, tra il dire e il fare, qualunque esso sia, resta un muro nella mia testa. Una perniciosa parete che in questo momento sembra impenetrabile. Figuriamoci se oltre alla questione di cui sopra provi ad aggiungerci quell’altra correlazione scottante, ovvero tra cambiamenti climatici e migrazione, o se la mia famiglia ed io ci troviamo in una situazione di vita peggiore e precaria.
Be’, ecco, alla fine della fiera credo che questo dovrebbe essere il nostro obiettivo: impegnarci ogni giorno nel cercare di abbattere quel micidiale e ottuso recinto del pensiero e dell’anima che frammenta e aliena non solo la nostra comprensione delle cose, ma anche e soprattutto il nostro essere specie umana, unita verso il suo nemico, che alla prova di tali fatti... siamo noi stessi.
Iscriviti per ricevere la Newsletter per Email